I drammatici fatti del 16 agosto 1905 (raccontati anche nel nostro approfondimento) sono tornati di attualità grazie all’iniziativa di Loredana Fragapane, di SiciliAntica, che ha organizzato con l’ausilio del Liceo Artistico “Libertini” una conferenza tenuta dal professor Raffaele Manduca, originario di Grammichele e docente di Storia moderna presso il DICAM dell’Università degli Studi di Messina.
In un’aula gremita di pubblico, alla presenza di diversi alunni dell’Istituto e diversi ospiti che hanno accolto con passione l’appuntamento, il professor Manduca ha ricostruito i tragici fatti della famosa Strage di San Rocco, una ferita aperta nella coscienza storica della città da 119 anni a questa parte, ma una storia pur sempre nebulosa e piena di punti interrogativi.
Punti interrogativi che il professor Manduca si è posto, studiando questo episodio che lui definisce “il più importante della storia di Grammichele, dopo la fondazione della stessa città“. Minuzioso è stato il racconto, partendo dalle origini, gli scontri politici in seno alle varie fazioni della città, la lotta per il potere che genera lo scontro fatale avvenuto nella nostra Piazza Carlo Maria Carafa il giorno di San Rocco del 1905. Scontro che portò tragicamente alla morte di 13 persone (o 14, qui le fonti si dividono) fra cui una donna incinta e un bambino.
Un’iniziativa necessaria, per far conoscere anche ai più giovani una pagina così triste ma anche così importante della storia di Grammichele, necessaria anche perché, come affermato da Manduca: “Seppellire i morti è importante per permettere la vita, per prendere coscienza di quello che è successo”; necessaria anche a chi invece conosceva la storia, ma ha ascoltato un punto di vista oggettivo, accademico, approfondito, su un evento che nel tempo è stato idealizzato e ha preso sfumature sempre più macchiettistiche. Manduca ha più volte parlato “non di una sfida al potere, di una manifestazione nata per lotta al proletariato”, bensì di una grande tragedia “annunciata”, in qualche modo avvenuta perché spinta da anni ed anni di lotte intestine.
Importante anche la testimonianza del Monsignor Michele Pennisi, arcivescovo emerito di Monreale, anche lui appassionatosi a questa storia, ha parlato del legame con la figura di don Luigi Sturzo parlando di un articolo redatto dallo stesso parlando dei fatti di Grammichele come esempio della questione meridionale.
Emozionante, infine, la lettura di una testimonianza storica di fronte a tutti i presenti:
“Caro Franco, l’età incombe e la memoria tradisce le proprie conoscenze di una vita e ricordando questo tragico e delittuoso fatto, mia nonna materna mi raccontava spesso di essere stata testimone inconsapevole di quel massacro. Nata nel 1895, quella mattina del 16 Agosto 1905, ( aveva dieci anni) ebbe l’incarico dalla mamma di andare a chiedere in prestito a una parente ” U’ cruscenti” , quell’impasto di farina che faceva da lievito e che ci si prestava vicendevolmente, tra vicini o parenti, per fare il pane. Raccontava che dovendo passare per la nostra grande piazza per rientrare a casa, si trovò casualmente coinvolta nei tumulti e nella conseguente sparatoria delle guardie regie, per fortuna marginalmente ma fu testimone del fuggi fuggi generale e come qualcuno cadeva colpito dalle fucilate a destra e a manca. Se la cavo’ con molto spavento, ma poteva finire peggio e quel pane che sarebbe lievitato da quel lievito ” cruscenti ” sarebbe stato per la famiglia molto amaro. Morì solo un ragazzo di 10 anni colpito a morte, ma la mia nonna della stessa età, per sua fortuna, visse una lunga vita.“